Da pochi giorni sono state rese pubbliche le motivazioni della sentenza che ha assolto Tirreno Power dall’accusa di disastro colposo.
Da una prima lettura del documento esponiamo alcune considerazioni di cui le comunità locali, e gli amministratori in primis, dovrebbero tener conto a partire da oggi per recuperare il troppo tempo perduto e utilizzare una storia di compromessi e tentennamenti a favore di una netta assunzione di responsabilità nei confronti della salute umana e dell’ambiente.
Considerazioni:
- Il documento afferma che la centrale inquina: “È evidente ( e quasi banale ribadirlo) che il mantenimento in esercizio di una centrale termoelettrica produttiva di consistenti emissioni inquinanti all’interno di un contesto urbano contribuisca a determinare, unitamente alle altre sorgenti presenti sul territorio e in relazione alle conseguenti immissioni e dunque ai quantitativi di sostanze in concreto ricaduti e assorbiti dall’organismo umano, effetti pregiudizievoli sulla salute della popolazione ivi residente”.
Il documento aggiunge che si tratta di precedenti scelte di pianificazione effettuate “sulla base di un bilanciamento tra interessi della produzione nazionale ed esigenze di tutela della salute e dell’ambiente che non appare più attuale ma che rimane ovviamente estraneo…” alle responsabilità di Tirreno Power.
- Il documento non nega la “correlazione… tra l’esposizione dell’organismo umano ai prodotti della combustione del carbone e l’innesco (o l’acutizzazione) delle patologie cardiocircolatorie e respiratorie in esame“.
- Il documento riscontra l’impossibilità di scorporare l’apporto delle diverse fonti inquinanti e quindi l’impossibilità di imputare le rispettive responsabilità dei danni contestati: più volte rimarca, ad esempio, il ruolo del traffico portuale.
In sintesi: viene esclusa la responsabilità dell’azienda riguardo all’accusa, non la sua corresponsabilità nella situazione ambientale: TIRRENO POWER HA INQUINATO INSIEME AD ALTRI.
Si dirà: nulla di nuovo.
Non del tutto: la lezione di tirreno power può rappresentare l’occasione giusta e non più procrastinabile per un cambio di strada e di passo. Certamente la prima responsabilità in tal senso spetta alle amministrazioni locali, ma crediamo che l’attivismo dei cittadini possa assumere una parte di tale responsabilità.
In tale senso il vasto movimento di Comuni e di cittadini nato e cresciuto in questi ultimi mesi contro il rigassificatore deve avere la forza di non chiudersi su questo specifico problema ma utilizzarlo come spinta a conoscere e a farsi carico anche delle altre criticità del territorio. Tutti sappiamo che questo progetto dannoso è solo l’ultimo dei tanti subiti nel comprensorio savonese e – in particolare – a Vado.
Tra i tanti, il caso più noto è quello della piattaforma portuale, imposta con l’etichetta di pubblica utilità: etichetta che oggi sta rivelando la sua scarsa veridicità di fronte alla sovracapacità del sistema portuale ligure ed allo scarso ritorno in termini occupazionali diretti e nell’indotto; storia passata si dirà … ma la questione dello sfruttamento della miniera di titanio nel parco del Beigua sta già venendo in evidenza con le medesime modalità e anche ai futuri attacchi dobbiamo essere capaci di pensare con un approccio globale.
In passato si è imposto a Vado di ignorare l’inquinamento dei propri fondali per consentire il tombamento di una parte rilevante della rada ad uso container; oggi, che “grazie” al rigassificatore abbiamo conosciuto meglio la ricchezza e la fragilità del “nostro” ecosistema marino e, più in generale, la correlazione dei fattori ambientali, è evidente la necessità di costruire un più forte legame tra le comunità per il raggiungimento di obiettivi minimi comuni.
Ne è esempio positivo l’alleanza tra i Comuni del Golfo, mirato alla promozione del turismo ambientale, che ha potuto decollare anche perché altre specifiche aree della provincia – Vado e Valbormida – si sono accollate tutte le servitù.
Siccome è ormai chiaro che non ci si salva da soli, è tempo che anche i diritti delle zone ritenute “meno pregiate” quanto ad attrattive turistico/ambientali, siano riconosciuti e rispettati, non per un generico senso di giustizia ma proprio per evitare di rimetterci tutti.
Per questi motivi ci appelliamo al movimento nato contro il progetto SNAM/TOTI affinché non molli e, anzi, ragioni con più ampio respiro e si impegni sui tempi medi e lunghi.
07.01.2024